“Mentre siamo in sintonia completa con il negro, va contro la politica aziendale assumere come lavoratori di aeromobili o meccanici … indipendentemente dalla loro formazione …. ci saranno alcuni lavori come custodi per i negri”. Presidente della North Aviation, USA, 1940 “Ogni uomo nero che guida per Ferguson è nervoso perché preoccupato che la polizia possa fermarlo. Sei nervoso perché hai paura di venire ucciso, arrestato o avere una multa – speri di ricevere una multa. Quando ogni giorno vivi la tua vita e devi essere nervoso non è divertente”. Un residente di Ferguson “L’ultima follia: diamo più lavoro agli immigrati che agli italiani”. Il Giornale, 8 giugno 2016 “Domani facciamo un giro in barca a vela e se becchiamo in mare degli immigrati che facciamo? Li lasciamo lì, devono morire”. A parlare, durante una diretta live di Facebook, è Salvatore Sbona (PD), Presidente del Consiglio comunale di Melilli. Libero quotidiano.it, 9 agosto 2016 “Fermo, picchiato a sangue e ucciso. Aveva reagito a insulti razzisti”. Corriere della Sera, 6 luglio 2016 Cosa c’entra un fumetto su una storia di 54 anni fa con quello che sta succedendo oggi? Ieri c’è stata la festa dei lavoratori, occasione per potere, almeno per un giorno, parlare di giovani e precariato e di sogni sempre più irrealizzabili. Nel frattempo, Trump e Kim Jong-un si minacciavano a distanza di farsi saltare in aria e iniziare finalmente la tanto invocata terza guerra mondiale. Contemporaneamente, in Italia, qualche magistrato e qualche politico, subito inseguiti da un coro di yes man e da altrettanti improperi, se ne usciva con espressioni diciamo poco carine nei confronti delle ONG, che lavorano con la Guardia Costiera per salvare gli immigrati lasciati in balìa delle onde. Di ieri sono anche le notizie di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in Francia, Germania e anche a Torino. La sto prendendo larga, lo so, ma voglio arrivare a dire una cosa per niente nuova: siamo in un periodo di instabilità che se non porta alla distruzione porterà a diversi cambiamenti. Un po’ come negli anni ’60. L’intolleranza è sempre più forte, ci si odia cordialmente reciprocamente. A volte anche con poca cordialità e buone maniere. Ma stranamente, queste forme striscianti di razzismo non restano chiuse dentro se stessi, nessuno sembra vergognarsene ma anzi si fa quasi a gara a gridare in piazze pubbliche e social le proprie aberrazioni. Purtroppo questa situazione non è diffusa solo in Italia ma sembra avere infettato o reinfettato tutto il mondo. Nessuno si può dire al sicuro, tutti possono essere vittime di odio e violenza. Anche i diritti che si pensavano inviolabili, come quello all’uguaglianza e alla dignità umana, sono rimessi in discussione. È come se dagli anni ’60 e ancora prima, le persone non abbiano mai smesso di manifestare e il potere, con il suo braccio armato, non abbia smesso di reprimere. Ieri cariche della polizia, oggi cariche della polizia. Ieri omicidi di manifestanti, oggi muoiono meno manifestanti ma molti arrestati non escono vivi da carceri e caserme. E ieri come oggi c’è la battaglia dei numeri. Sul ponte Selma nel 1963, occasione in cui Martin Luther King tenne il famoso discorso I have a dream, gli organizzatori dicevano che c’erano 300 mila persone, per il governo erano meno della metà. In Italia nel 2002 per la CGIL c’erano 3 milioni di persone a Roma, per il governo meno della metà. Qual è la verità? Io non lo so, ma ammiro chi non si è fatto sporcare, chi è stato picchiato e non si è fermato, chi ha incarnato un ideale di democrazia. Stimo per questo il senatore Lewis e tutti coloro che continuano a marciare, nella Storia e verso una Washington che oggi è il mondo. Ecco, forse l’unico e vero atto rivoluzionario è questo: proseguire, andare avanti. A passo di marcia.