È il 1896 e sulle pagine domenicali del New York Journal compare un personaggio vestito di giallo e senza capelli disegnato dalla mano di Richard Felton Outcault. Per molto tempo è stato definito come il primo fumetto della storia.
Le storie di Yellow Kid, questo il nome del protagonista, raccontano le avventure di un ragazzino rasato (come se avesse appena avuto le pulci) in un tipico sobborgo della New York di fine Ottocento. Si esprime in slang e lo fa con delle scritte sulla sua casacca gialla.
È il 2021 e uno studio filologico del fumetto è iniziato davvero da poco. Nonostante questo,  molti esperti e appassionati hanno già rivalutato la creatura di Outcalt come punto d’origine dei comics.
Questo perché, a ben guardare e cercare, già prima del 1896 sono tantissimi gli esempi di narrazione per immagini che si avvicinano all’idea contemporanea di fumetto.

La differenza che intercorre fra questi due mondi (narrazioni per immagini e fumetti) è molto sottile, spesso labile.
A proposito del fumetto Scott McCloud, fumettista e teorico, ha elaborato questa definizione:
“Immagini figurative e d’altro tipo giustapposte in sequenza deliberata mirate a trasmettere informazione e/o a produrre una reazione estetica nel fruitore”.
Può sembrare esaustiva ma ad un esame più attento non riesce ad abbracciare realmente cos’è il fumetto. In un insieme così descritto potrebbero rientrare molti altri esempi più vicini al concetto di narrazione per immagini che al fumetto.
libri illustrati, che spesso ospitano sequenze di immagini, sono ben descritti dalla definizione di McCloud. Anche lo storyboard potrebbe essere incluso ma, seppur molto vicino, non è fumetto perché non è il prodotto finito ma un semplice mezzo, uno dei tanti processi di lavorazione di un film.
I disegni nelle grotte di Altamira erano immaginati per essere letti uno di seguito all’altro illuminati dal fuoco –
sequenzialità–  ma con l’accompagnamento del racconto. È evidente che neanche questo è fumetto anche se ha in sé l’idea di sequenza ma rientra nella sfera del rito e del racconto orale.

Il termine italiano fumetto è fuorviante perché contiene in sé uno dei suoi elementi visivi più riconoscibili, ovvero la nuvoletta (balloon per gli anglofoni). Questo fa spesso pensare al medium come una combinazione di testo e immagine mentre, ad un pensiero più attento, non è così. Gli esempi di fumetti muti sono tanti e allo stesso tempo, per esempio, molta arte medievale presenta la convivenza di testi con le immagini ma, per un discorso simile a quello delle grotte di Altamira, non è ancora comics.   

Come emerge da alcuni scambi fra Daniele Barbieri (semiologo e saggista) e Matteo Stefanelli (professore universitario, saggista, blogger e critico italiano) nei loro rispettivi blog (correva l’anno 2010) sarebbe stato tutto molto più semplice se il fumetto fosse legato ad una scoperta tecnica come è stato per il cinema.
Non è così e l’immagine (sia essa disegnata, dipinta o incisa) esiste da sempre. Cercare un punto unico di origine diventa allora complesso e forse sterile per questo caso. Quello che si sta cercando di fare è invece identificare una nebulosa di intrecci, legami, rimandi e sottili anticipazioni che hanno contribuito alla nascita di un linguaggio in continua evoluzione.
Per esempio, se si torna indietro  nelle diverse tappe di questa ricerca storica, la data in cui si fa nascere il fumetto cambia, a volte per rispondere alle diverse idee nei riguardi del linguaggio, a volte per assecondare mode o approcci.
Per i fumettisti e studiosi americani del 1990, la nascita del comics viene datata al 1896.
Basta spostarsi in Francia nei primi anni Duemila e il big bang delle bande dessinée è il 1820.
Lasciandosi alle spalle l’idea di trovare un punto luminoso da cui è partito tutto, ci si ritrova in una costellazione di artisti brillanti che raccontano come si è arrivati al fumetto moderno. Questa direzione di studio è sicuramente affascinante e ricca di spunti.

In un post riguardante l’uscita del volume di Thierry Smolderen “Naissances de la Bande Dessinée”, Matteo Stefanelli sottolinea che al centro del volume c’è l’opera di Hogarth, vista come forza motrice del medium fumetto.
Artista inglese nato nel 1697, Hogarth si dedicò prevalentemente all’incisione e alla caricatura.
In “The Harlot’s Progress” (1652) https://whereiscomics.files.wordpress.com/2014/03/1652_harlotsprogress_1000.jpg
viene raccontata la vita di una prostituta in una sequenza di sei incisioni. Siamo di fronte al prototipo di un fumetto, ma che ancora fumetto non è. Probabilmente a partire dagli intenti. L’opera, infatti, nasce come serie di sei dipinti poi trasformati in incisioni che non dovevano condividere la stessa pagina. Inoltre la sequenza è di difficile comprensione per qualcuno estraneo alla vicenda -reale- che racconta. Potremmo dire che fa comunque leva su un substrato di narrazione orale, di pettegolezzo, di  racconto collettivo che non è peculiare del fumetto.
Uno dei maggiori figli artistici di Hogarth è George Cruikshank, anche lui britannico nato alla fine del 1700. Nei suoi lavori di Illustratore e incisore umoristico e satirico, si iniziano a delineare alcuni topos visivi che contribuiranno, anno dopo anno, a creare il linguaggio del fumetto.
https://www.copia-di-arte.com/kunst/george_cruikshank/the_corsican_shuttlecock.jpg
Ecco che gli anni prima del fatidico 1896 si riempiono di esempi di (proto)fumetto. 

http://www.fanofunny.com/topffer.gif
Topffer, figlio del noto pittore, nasce a Ginevra nel 1799. La sua produzione artistica è legata ad una serie di storie “fumettose” che iniziò a disegnare come divertimento per i suoi alunni – insegnava letteratura. La pubblicazione del suo lavoro arriva in un secondo momento, fra gli altri, grazie a Goethe. 

https://1.bp.blogspot.com/-lzy_IPJ4vfo/XSJpm0aenEI/AAAAAAAAupQ/E-IYxvrNT9ocamb38kzLYqq7QVg0ZjF3QCLcBGAs/s1600/Topper.png
Caran D’ache è un diretto erede artistico di Topffer. Nasce in Russia nel 1858 e la sua opera mai completata e poi dispersa alla sua morte sarebbe dovuta essere rivoluzionaria: un romanzo di 360 pagine tutto disegnato, dal titolo Maestro.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/thumb/7/7c/AllySloper.jpg/250px-AllySloper.jpg
Charles Ross è un illustratore inglese che lavora nella seconda metà dell’800. Il personaggio a lui legato è Ally Sloper che già nel 1884 aveva un gran successo e anche una rivista dedicata a suo nome, Ally Sloper’s Half Holiday. 

Daniele Barbieri in vari post sul suo blog prova a porre dei discriminanti fra le opere di questi autori -tutti validi e incredibili- e Yellow Kid.
La narrazione per immagini, a volte anche vicina al fumetto, era già largamente diffusa e letta prima del 1896 ma come abbiamo visto spesso era relegata ad un pubblico giovanissimo.
Anche Yellow Kid era stato creato per i ragazzi ma parlava anche al mondo adulto. È possibile che – in una prima fase – la diffusione del linguaggio del fumetto abbia preso piede nel contesto dei testi per l’infanzia o per ragazzi per l’ampia possibilità di sperimentare e quindi dissacrare senza una critica o un giudizio violento tipico del contesto letterario “alto”. Paradossalmente, rivolgendosi ad un target di bambini/adolescenti ci si poteva muovere nella narrazione con ampio margine senza paura di essere messi alla gogna, perché i risultati di quel tipo di letteratura erano sempre visti come una stranezza, una bizzarria, una eccezione alla regola. Barbieri infatti parla di un pubblico che, partendo dall’infanzia, si affaccia ad un nuovo mondo. Questo nuovo mondo prende forma per via di un cambio netto dell’apprendimento e della narrazione. Non è un caso se il periodo di comparsa di fumetti/narrazione per immagini è parallelo all’aprirsi dello studio e della letteratura verso nuove classi che non siano solo quelle della borghesia, lasciando pian piano andare il processo di apprendimento legato allo scambio orale tipico del ceto popolare non alfabetizzato.

I processi sociali dell’800 portano inevitabilmente ad un cambiamento di questo aspetto e l’alfabetizzazione parte dalle immagini ma va spogliandosi dell’appoggio orale che fino ad allora era sempre servito alla loro comprensione. Il lettore non è  più il credente che in chiesa osserva i dipinti con le sequenze bibliche spiegate dall’omelia del parroco. Non è più l’uomo nelle grotte di Altamira che osserva le sequenze di caccia con la voce dello sciamano che ne racconta la successione. È il nuovo uomo contemporaneo che acquista il giornale e si ritrova, da solo, a confrontarsi con un testo disegnatoSu quelle pagine, sia piccoli che grandi si formano, leggono storie ed entrano in una società non più elitaria.
Ecco che Yellow Kid non è il primo fumetto, se non per sbaglio. Molti personaggi di carta, in quel frangente, potevano diventare il bambino giallo di Outcalt perché tutta la società spingeva in quella direzione e spesso qualcuno è più fortunato di altri.
Il dibattito è ancora aperto, sempre più vivo e scrupoloso. Capire come è nato il fumetto, quando e in che modi e mondi si è formato, non è solo un vezzo da appassionati ma è un modo per comprendere l’ultimo secolo di storia dell’arte, della letteratura, della comunicazione, della società.